MINARDI MANAGEMENT E L’OBIETTIVO DI PLASMARE I CAMPIONI DEL FUTURO
Il motorsport rappresenta un contesto altamente competitivo, non solo per i piloti in pista ma anche per i professionisti impegnati nella selezione e nello sviluppo dei futuri talenti. Tra le realtà più rilevanti in questo settore spicca la Minardi Management, fondata e diretta da Giovanni Minardi, che da oltre vent’anni si dedica alla crescita e alla promozione di giovani piloti, guidandoli nel loro percorso verso le categorie di vertice del motorsport.
L’eredità Minardi nel mondo delle corse è universalmente riconosciuta, e Giovanni ha saputo trasformare questa esperienza in un metodo di lavoro mirato all’identificazione e alla valorizzazione del talento, alla trasmissione dei valori fondamentali dello sport e allo sviluppo di competenze trasversali sempre più richieste nel motorsport contemporaneo. Disciplina, impegno e adattabilità costituiscono i principi cardine della formazione dei piloti seguiti dalla sua agenzia.
In un’epoca caratterizzata da una crescente globalizzazione e da un alto livello di competitività, Minardi Management non si limita all’identificazione di giovani promesse ma implementa un percorso formativo completo, curando sia gli aspetti tecnici e sportivi, sia quelli legati alla gestione dell’immagine e alla comunicazione. Per il 2025, il nostro network ha avviato una collaborazione con Minardi Management, unendo le forze per garantire una maggiore visibilità ai talenti emergenti e raccontare il loro percorso verso il professionismo attraverso un’analisi dettagliata delle loro sfide e dei traguardi raggiunti.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Giovanni Minardi, che ci ha offerto un’analisi approfondita del suo approccio alla gestione dei talenti nel motorsport e del lavoro quotidiano svolto con i suoi piloti.
Il nome Minardi rappresenta un pezzo di storia del motorsport italiano. Come si riflette questa eredità nella gestione della tua agenzia e nel rapporto con i giovani talenti?
“La storia non l’ho fatta io, ne ho solo preso parte ed ho cercato di imparare più che potevo da questa grande esperienza che è stata la Formula 1. Ho visto crescere campioni del calibro di Fernando Alonso e questo mi aiuta a capire più velocemente il carattere e le doti velocistiche di ogni ragazzo che seguiamo. Il nostro obiettivo è minimizzare gli errori e valorizzare al massimo il talento di ciascuno.”
Quali sono i valori chiave che cerchi di trasmettere ai piloti sotto la tua gestione? È più importante il talento naturale o la capacità di adattarsi alle sfide?
“I valori fondamentali sono educazione e spirito di sacrificio. Per arrivare in alto servono entrambi. Il talento è importante ma senza capacità di adattamento non basta. Il vero campione è colui che sa trovare il giusto equilibrio tra queste due qualità.”
In un mondo del motorsport sempre più globalizzato, come bilanci la valorizzazione dei giovani italiani con l’apertura ai talenti internazionali?
“In Italia abbiamo ancora ottimi piloti ma il problema è che questo sport è diventato troppo costoso. All’estero ci sono paesi emergenti con grandi disponibilità economiche, e questo rende più difficile per i nostri giovani competere ad armi pari. Ma come talento, non abbiamo nulla da invidiare a nessuno.”
Qual è il primo aspetto che noti in un giovane pilota? Cosa ti fa pensare “questo ragazzo ha quello che serve”?
“Non è facile rispondere a questa domanda. Sono sensazioni difficili da descrivere e credo che ognuno di noi ne abbia di differenti. Quello che noto nei piloti è la facilità che hanno nel fare le cose giuste in base all’esperienza che hanno. Guardo quanto tempo impiegano per trovare il ritmo corretto, la precisione nella guida e la capacità di adattarsi velocemente alle condizioni di gara.”
Quanto contano oggi soft skills come la comunicazione e il carisma nello sviluppo di un giovane pilota?
“Al giorno d’oggi conta tantissimo saper comunicare. Oggi sia le case automobilistiche che gli sponsor guardano al personaggio; quindi, oltre a saper comunicare deve avere anche del carisma per attrarre a sé i fans. Oggi, anche se un po’ mi dispiace, le piattaforme social son un punto fondamentale per la carriera di un pilota.”
Come lavorate per formare non solo piloti veloci ma anche professionisti completi capaci di affrontare le pressioni mediatiche e commerciali?
“Lavoriamo a stretto contatto con loro per far capire quanto sia importante saper comunicare e utilizzare le piattaforme social. Li abituiamo a interviste dopo le gare, partecipano a trasmissioni televisive e vengono seguiti da videomaker per aiutarli a sentirsi a proprio agio davanti alle telecamere. In questo modo, quando arrivano su palcoscenici importanti, sono già pronti per affrontare questo tipo di situazioni.”
Con l’ascesa del simracing, il virtuale può essere un trampolino di lancio per il motorsport reale?
“Il simracing è diventato incredibilmente realistico e può essere un ottimo allenamento. Alcuni piloti hanno già fatto il salto dal virtuale alla realtà con successo. Il problema è che oggi servono investimenti e budget elevati per proseguire la carriera nelle gare reali. L’unica possibilità concreta arriva dalle Academy di Formula 1 o dai costruttori, che stanno iniziando a integrare i simdriver nei loro programmi.”
In un motorsport in cui i costi crescono in modo esponenziale, qual è il ruolo di Minardi Management nel supportare i giovani contro queste barriere?
“Purtroppo, è vero che i prezzi continuano a salire anno dopo anno, però quello che Minardi Management cerca di fare per i suoi assistiti è quello di utilizzare le proprie conoscenze nel mondo del motorsport, dopo più di 20 anni che vi è all’interno, per ridurli più possibile.”
Le categorie propedeutiche come F4 e Formula Regional sono strutturate in modo ottimale per preparare i giovani alla Formula 1?
“Purtroppo no. Oggi nel kart e nella F4 prevale il budget, non il talento. Sarebbe utile contingentare i test e creare campionati più accessibili per permettere ai piloti di emergere grazie al merito e non solo alla disponibilità economica.”
Quanto è difficile mantenere la concentrazione dei giovani piloti su una carriera a lungo termine?
“I ragazzi che scelgono questo sport con consapevolezza riescono a mantenere la concentrazione su una carriera a lungo termine. Fin da piccoli lavorano sulla concentrazione in pista con esperti del settore, sviluppando una mentalità orientata al futuro. Non tutti riescono ma questo vale per ogni disciplina sportiva. Spesso vedendo coetanei approdare in Formula 1 a diciotto anni, possono dubitare delle proprie possibilità ma il professionismo non si limita alla Formula 1. Esistono molte altre categorie che offrono opportunità di carriera e bisogna lavorare con costanza per raggiungere il proprio obiettivo.”
Hai mai identificato un talento che, nonostante il potenziale, non è riuscito a raggiungere il successo? Se sì, cosa pensi sia mancato?
“Sì, purtroppo capita. Uno dei casi più significativi è Davide Rigon. Ho lavorato con lui per dieci anni, dalla Formula Azzurra alla GP2, vincendo quasi tutto. Tuttavia, quando avrebbe potuto conquistare il titolo di GP2 e compiere il salto decisivo, un grave infortunio a Istanbul ha compromesso la sua stagione e le sue prospettive in Formula 1. Nonostante fosse già nella Ferrari Driver Academy, le porte della FORMULA 1 si sono chiuse. Ha continuato a vincere nelle formule minori ma non è bastato. Io avrei voluto portarlo in IndyCar ma lui ha sperato fino all’ultimo di restare nel giro Ferrari. Alla fine, si è dovuto accontentare di una carriera nelle ruote coperte. Se dovessi individuare cosa è mancato, direi sfortuna e forse una maggiore lungimiranza.”
Se dovessi immaginare la Minardi Management tra dieci anni, quali obiettivi vorresti aver raggiunto?
“Vorrei portare il maggior numero possibile di piloti a diventare professionisti. E magari, perché no, in Formula 1 o addirittura campioni del mondo.”
Autore: Francesco Svelto