Cosa ti ha attratto per la prima volta al mondo del motorsport?
«La mia passione per il motorsport mi è stata trasmessa dalla mia famiglia. Mio padre e mio zio andavano spesso a girare in pista con le minimoto; chiesi a mio padre di comprarmene una per il compleanno e fui accontentato».
Hai cominciato a correre giovanissimo, ma con le minimoto. Cosa ti ha spinto a passare al kart?
«Il passaggio al kart è avvenuto dopo che mio padre vide che iniziai ad andare forte con le minimoto. Per farmi cambiare idea, pensò di accostarmi sull’erba mentre stavamo girando: mi spaventai, ma pensò comunque di farmi provare un kart del circuito, ricordo fosse un 50cc Easy Training. Fu amore a prima vista».
Come hai conosciuto Giovanni Minardi e come ha influito nella tua carriera?
«Ho conosciuto Giovanni tramite papà: inizialmente lo contattò dopo aver scoperto la Minardi Management. All’inizio non rispose, ma ci ricontattò successivamente per poi arrivare alla firma del contratto dopo essere stati visionati da un suo scout a Siena. Per me lui è fondamentale, perché vanta anni di esperienza nel motorsport. È un punto di riferimento importante per la mia carriera e lo sarà per molto tempo. Spero che la nostra collaborazione possa durare il più a lungo possibile».
Com’è cambiata la tua percezione della F1 dopo che hai cominciato a correre in F4?
«Nel momento in cui sono passato al Formula, ho apprezzato di più il mondo delle monoposto e della Formula 1. Pensavo che, specialmente con le vetture di oggi, la guida fosse più semplice e invece mi sono ricreduto dopo aver provato una Formula 4: mi sono reso conto di quanto sia difficile andare forte in monoposto e di quanto lavoro bisogna svolgere per preparare un test o una gara».
Qual è un insegnamento che hai appreso nel paddock e che puoi applicare nella tua vita quotidiana?
«Un insegnamento importante che mi ha dato il paddock è quello di sorridere sempre anche davanti alle difficoltà, perché abbattersi non risolve nulla. Bisogna sempre credere in quello che si fa».
Nel tempo libero suoni la batteria. Che genere di musica suoni e ascolti?
«Nel tempo libero suono la batteria, è la mia seconda passione dopo le corse. Suonando uno strumento come quello, apprezzo molto il rock: è un genere con cui mi sfogo, anche se ascolto un po’ tutti i generi».
Quale film ti descrive meglio?
«“Rush”, perché rappresenta la mia passione per il motorsport».
Quest’anno nel GT Italiano hai realizzato 3 sogni: diventare pilota, guidare una Ferrari e correre a Imola. Qual è il prossimo sogno?
«È stato un anno bellissimo e importante per me. Più che sogni, vorrei definirli “obiettivi”, quelli che mi sono posto e ho realizzato. I prossimi step fissati sono quelli di migliorare sempre, di vincere più gare possibili e di cercare di contendere un campionato».
Quando potrai ritenerti soddisfatto della tua carriera?
«Mi riterrò soddisfatto quando andrò in pensione (ride, ndr). Devo dare il massimo fino all’ultimo momento della mia carriera, mi auguro di poter essere fiero di quello che avrò fatto».
Quale eredità vuoi lasciare nel motorsport?
«Spero di diventare qualcuno così da poter lasciare un’eredità nel motorsport (ride, ndr).
Quello che consiglio a tutti i giovani che mi seguono è quello di sorridere davanti alle difficoltà, la mia famiglia mi ha sempre insegnato a guardare il bicchiere mezzo pieno.
Usare la difficoltà come insegnamento per poter trovare motivazione: un errore non è negativo, ma un evento utile a crescere per diventare più forti».
Autore: Jacopo Rava